Omelia III Domenica del T.O. - A
Dopo trent’anni di nascondimento e di silenzio, Gesù fa la sua apparizione pubblica e l’Evangelista Matteo, nel descriverci tutto questo, ha molta cura nel collocare bene il mistero della vita pubblica di Gesù: si spegne la voce di Giovanni Battista e si inizia ad ascoltare la voce “nuova” di Gesù; scompare il paesaggio arido e cupo del deserto per lasciare il posto al verde bellissimo della Galilea che, chi lo ha potuto vedere dal vivo, è veramente indimenticabile; Gesù ha abbandonato Nazaret, la sua vita di prima, Maria e Giuseppe, e si sposta a Cafarnao, sulle rive di un lago che è altrettanto stupendo con le sue acque azzurre e appena increspate dal vento. In altre parole, tutto in questo brano di Matteo, ci suggerisce la comparsa di una vita nuova con Gesù.
Soffermiamoci un attimo su questa scena con al centro la vita nuova portata da Gesù. In realtà, Matteo sa bene che ci troviamo in una regione allora chiamata la “Galilea delle genti”, dunque una regione aperta a tutti i popoli. Gesù ha anche predicato nelle sinagoghe ebraiche che si trovavano nei villaggi della regione, ma non si era ancora rivolto ai pagani. Eppure, siamo ad un crocevia di strade con Cafarnao, una città aperta sul mare. Educato fin da piccolo alla realtà del Vangelo e all’insegnamento di Gesù, quando, nel mio primo pellegrinaggio in Terra Santa, mi sono trovato a Cafarnao e sul lago di Galilea, sono stato investito da una emozione improvvisa, non voluta e non preparata: quel luogo conservava intatta la persona di Gesù, la sua voce, le sue beatitudini. Non posso proprio dire che cosa ho provato in quel momento, ma mi sono sentito profondamente cristiano, seguace e discepolo di Gesù come mai prima. Certo una grazia di Dio che non potrò più dimenticare! Ricordo bene un’altra cosa: mi erano tornate in mente proprio le parole che Matteo, ispirandosi al profeta Isaia, ci ha detto nel Vangelo di oggi: «il popolo abita nelle tenebre».
Sì, sulla terra, ieri come oggi, c’è l’ombra della morte e Gesù appare in questo momento tragico. Per chi ha occhi per vedere, nel mondo regna l’ingiustizia e il male, l’egoismo cieco e distruttivo, l’uomo uccide e violenta i suoi simili. No, qui la vita non può crescere e dilatarsi come la bellezza del mondo che Dio ha creato per noi e per la nostra gioia. Qui non regna il Padre e allora Gesù, secondo Matteo, lancia un grido:« convertitevi e credete al Vangelo», alla buona Novella che io porto a voi. E seguitemi. Conversione e vocazione, dunque. Noi seguiamo la luce, ma a patto di saperla vedere e amare. Gesù è questa luce che brilla nelle tenebre e che ci chiama alla vita nuova al seguito di Lui. Chi non ama la luce, la luce del cuore, non riesce a seguire Gesù. Ora, nella Chiesa c’è questa grande luce che è Gesù, ma noi lo seguiamo? Noi ci convertiamo a quel volto di Dio che Egli ci sta rivelando? Non vediamo perché accecati dal nostro protagonismo e dal nostro chiacchierare su Dio, ma senza conseguenze pratiche e di vita. Sostituiamo Gesù alle nostre categorie mentali, psicologiche, morali e, allo stesso tempo, lo facciamo diventare una teoria religiosa, abbastanza fredda e senza colore, in fondo superflua per la nostra vita. Se la luce di Gesù si spegne nella Chiesa, noi cristiani diventeremo subito ciò che Gesù temeva sopra ogni cosa: «dei ciechi che cercano di guidare altri ciechi».
Quella di Gesù, in realtà, è la voce dell’amore, dell’amicizia, dell’affetto di cui sentiamo sempre nostalgia. Non abbiamo abbastanza amore, amicizia, affetto nella nostra vita e Gesù lo sa. Per questo ci dice di seguirlo. La sua chiamata – ciò che nella vita cristiana chiamiamo la “vocazione” e che è rivolta a tutti i cristiani, non ai preti e alle suore, ai vescovi e al papa – è, prima di tutto, a cambiare la prospettiva con cui guardiamo alla nostra vita: solo Gesù è in grado di trasformarla in qualcosa di bello e di grande, una vita di gioia e nonostante tutte le sofferenze che dobbiamo attraversare. Con Gesù la vita cambia e cambia radicalmente! Ma per provare questo dobbiamo seguire la sua “chiamata” in fondo al cuore: "convertitevi!”, recuperate la vostra identità cristiana giorno dopo giorno, tornate alle vostre radici, aiutate la Chiesa a passare ad una nuova tappa del cristianesimo più fedele al mio insegnamento, lavorate perché abbiate una nuova coscienza di essere miei discepoli, siate sempre al servizio del Regno di Dio!
Ahimè, se chiedessimo a tanti cristiani di oggi che cosa sia la fede, vi risponderebbero che si tratta di appartenere alla Chiesa e venire a Messa la domenica. Forse noi cristiani abbiamo bisogno di ricordare che l’elemento essenziale della fede, nella Chiesa, è seguire Gesù Cristo. Seguire Gesù significa credere quello che lui credette, dare importanza a quello che lui disse, interessarsi di quello di cui Lui si interessò, difendere la causa che Lui difese, guardare le persone come Lui li guardò, confidare nel Padre come Lui vi confidò. Qui è la conversione e la vocazione. I primi cristiani compresero la vita cristiana come un’avventura costante di rinnovamento personale e comunitario, un diventare progressivamente, con Gesù e in Gesù, davvero «uomini nuovi». Preghiamo perché Gesù faccia di noi dei veri suoi discepoli.
don Carmelo Mezzasalma
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